tag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post3820575496069607353..comments2022-04-02T22:22:08.447+02:00Comments on la fine di Harry Potter: quali delle nostre premesse erano valide? (spoiler)Unknownnoreply@blogger.comBlogger5125tag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post-84020600893767273802007-11-12T16:59:00.000+01:002007-11-12T16:59:00.000+01:00Leggo solo ora la tua risposta, non ero più andata...Leggo solo ora la tua risposta, non ero più andata a verificare i commenti ai post precedenti. Ti ringrazio per aver voluto aggiungere queste tue riflessioni, che ho molto apprezzato. Credo che le parole di Silente, la sua stessa vita anche, tanto più alla luce del suo dolore per la tragica perdita dei famigliari, siano un invito a coltivare una vita piena e reale, nel suo significato più completo e sensoriale (passami il termine), per riuscire a vivere nonostante il peso di un dolore di per sè insanabile. Darsi uno scopo, lavorare alacremente, aiutare il prossimo e farlo mentre siamo vivi: questo dovrebbe rendere più sopportabile un grande dolore che la speranza (o, per alcuni, l'illusione) di una resurrezione.<BR/>Mi sembra ogni volta incredibile che un cosiddetto libro per ragazzi possa condurre tanto lontano...Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post-22293688958630379822007-09-18T09:17:00.000+02:002007-09-18T09:17:00.000+02:00Danfry, la distinzione che stabilisci fra la morte...Danfry, la distinzione che stabilisci fra la morte propria e quella altrui mi sembra significativa.<BR/>Prendiamo in considerazione la morte altrui. Certo, la speranza della risurrezione toglie al dolore la dimensione di rimpianto e di amarezza, che hai rappresentato con efficacia. Ma non toglie nulla all'intensità del dolore. Qui parlo per esperienza.<BR/>Quanto al fatto che la morte diventa un intervallo, e non qualcosa di definitivo, questo è vero. Gli antichi greci seppellivano i morti nelle necropoli, cioè nelle città (polis) dei cadaveri (nekroi). I cristiani presero invece a chiamarle cimiteri, cioè luoghi del sonno (koimêtêrion da koimaô, dormire). Il sonno diventa metafora della morte, perché si pensa che vi sia risveglio.<BR/>Ma, pur con tutto ciò, c'è una grossa differenza fra addormentarsi nel sonno e addormentarsi nella morte. Se mi addormento nel sonno, so che mi risveglierò naturalmente dopo poche ore. Dal sonno della morte invece non c'è risveglio naturale. Se sto per morire, so che non è in mio potere risvegliarmi. E se una persona cara muore, so che non la rivedrò più, se non dopo essere morto a mia volta. Non è in mio potere neppure rivederla, risentirla. Non c'è più comunicazione diretta: di qui il dolore di chi ama. Cosicché l'esperienza della morte delle persone care rimane, non viene tolta. Non c'è pericolo di rifugiarsi nei sogni: la morte strappa via ogni finzione.Palantirhttps://www.blogger.com/profile/11367130369934378237noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post-66640928389868862132007-09-17T20:16:00.000+02:002007-09-17T20:16:00.000+02:00Sono curiosa di sapere quali punti ti risultano os...Sono curiosa di sapere quali punti ti risultano oscuri o poco coerenti, rispetto al tema che stiamo trattando: morte e resurrezione. Ecco perché adoro questo blog: arrivano spunti di riflessione inattesi e scopri punti di vista nuovi a cui non avevi pensato! Tornando alle tue osservazioni preliminari, credo che sia importante distinguere fra dolore per la morte altrui e paura della nostra stessa morte. <BR/>Credere che una persona cara risorgerà, che potrò di nuovo avere una vera vita insieme a lei, deve essere di conforto, poiché trasforma la morte in un viaggio dal quale la persona ritornerà: non un'ombra sbiadita ma una persona di nuovo viva a tutti gli effetti. Ecco perché credere alla resurrezione comporta necessariamente di non accettare la morte come qualcosa di definitivo, senza ritorno. Diverso è percepire, e riuscire ad accettare, la morte come il "mai più" : non potrò mai più rimediare a quell'errore, mai più dire quella cosa che non sono mai riuscita a dire, mai più sentire quella voce, e così via. I rimpianti dei vivi che non credono in resurrezione possibile né in una vita ultraterrena. Altra cosa sono i sentimenti di ciascuno di noi di fronte all'idea della nostra stessa morte. Probabilmente questi sentimenti tendono a cambiare molto in ragione di quanto prossima percepiamo essere tale eventualità e dalle ragioni per cui la percepiamo prossima. I sentimenti, e la loro origine, di fronte all'eventualità della morte in Silente mi sono sembrati molto diversi che in Harry, pur essendo entrambi disposti ad accettarla o forse a subirla.Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post-50347362888840422512007-09-16T17:44:00.000+02:002007-09-16T17:44:00.000+02:00Cara Danfry,sono d'accordo con te che, stando alla...Cara Danfry,<BR/>sono d'accordo con te che, stando alla lettera di The Deathly Hallows, Harry non muore. E tuttavia non sono ancora convinto che il testo sia davvero coerente. Bisognerà discuterne, per spiegare alcuni punti oscuri.<BR/>Invece non capisco perché la risurrezione dovrebbe togliere il dolore della morte o impedirne l'accettazione.<BR/>Penso che sia ovvio che ci può essere morte senza risurrezione. Ma non è vero l'inverso: non ci può essere vera risurrezione se non c'è prima la morte. E non penso neppure che la speranza della risurrezione tolga il dolore della morte. Forse anche per questo la risurrezione non interessava a Voldemort, proprio perché non elimina la morte, ma la presuppone.<BR/>Lo dico perché mi sembra importante, nelle discussioni che seguiranno, non confondere la speranza nella risurrezione, che comporta l'accettazione della morte, con la speranza di sfuggire alla morte, evitando di morire.Palantirhttps://www.blogger.com/profile/11367130369934378237noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5615956172274716910.post-80266277006217969162007-08-10T10:14:00.000+02:002007-08-10T10:14:00.000+02:00Caro Plantir, penso che la quarta premessa rimanga...Caro Plantir, penso che la quarta premessa rimanga assolutamente valida, anzi sia confermata più volte nel VII-TDA ma, per ovvie ragioni, rimando i dettagli delle motivazioni. Chi muore non torna in vita. D'altra parte perché dovrebbe? In tutta l'opera l'autrice insegna che non bisogna temere la morte ("non è che una nuova avventura" e "ci sono cose peggiori della morte") e, attraverso lo svolgimento della trama, ci dimostra come e perché non temerla. Invita anche a non rifugiarsi nelle illusioni come facile scappatoia al dolore, che non va cancellato ma affrontato(come Silente spiega efficacemente ad Harry nell'episodio dello specchio delle brame: "Non serve a nulla rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere"; fra gli insegnamenti meno banali e più potenti che ho riscontrato nell'opera). Sì, in Harry Potter si parla molto della morte, essa è l'altro filo conduttore oltre al tema dell'amore. Eppure ciò avviene in modo affatto traumatico, anzi mi pare riesca ad infrangere il velo di pudore e spesso rifiuto che sovente ammanta questo aspetto della vita di noi tutti. E lo fa serenamente, quasi con dolcezza, con parole e parabole adeguate tanto ai bambini quanto agli adulti. Anche in Harry Potter, alla fine, l'unico modo per far continuare a vivere i cari che ci lasciano è nel nostro cuore (come Sirus dice ad Harry, almeno nel III film) atraverso i nostri ricordi ed comportandoci sempre in modo retto.Anonymousnoreply@blogger.com